Educare nelle diversità alle diversità: apprendere dalle differenze dell’esperienza

di Maria Grazia Letizia

Tra le finalità del Progetto I.RI.D.A.E., sul versante dell’operatore nella Cooperativa, ho incluso la ri-qualificazione del personale come momento applicativo della valorizzazione delle risorse umane. Infatti, riconoscere le attitudini e le abilità personali, nonché il percorso di formazione professionale che alcuni  assistenti domiciliari mettono in gioco praticando il loro lavoro, significa apprezzare e riconoscere l’esistenza di talenti e desideri  che si manifestano con modi, tempi e luoghi magari poco propizi ed adeguati, ma che rappresentano comunque slanci di utile e preziosa creatività.

In particolare, lavorando da dieci anni in qualità di psicologa con gruppi di assistenti domiciliari, ho appreso ed osservato come, tracciando linee d’orientamento, essi riuscissero a realizzare, a seconda della situazione e degli strumenti disponibili, progetti d’intervento con l’obiettivo di migliorare l’autonomia del disabile, oppure questa o quell’altra abilità che percepivano potenzialmente in evoluzione. Intanto, le attese e le richieste del Servizio di Assistenza Domiciliare erano molto più limitate e circoscritte a mansioni  frammentarie quali la generica compagnia, la vigilanza, gli accompagnamenti sul territorio con finalità terapeutica o ricreativa, senza una cornice che descrivesse l’obiettivo ed il significato da condividere: quello dell’operatore con /per l’utente.

Negli ultimi tre anni, a mio parere, il coordinamento tecnico del S.U., ha lavorato in sinergia soprattutto in questa direzione del riconoscimento e dell’abbinamento delle caratteristiche personali /professionali  degli operatori con  le  peculiarità del Servizio e dell’utente. Ciò ha reso possibile l’aprirsi del pensiero a nuove e più adeguate risposte per bisogni non sempre ascoltati o soddisfatti.

Il mio contributo con il progetto di laboratori integrati IRIDAE è stato da un lato  dare organizzazione e struttura alle esigenze educative e riabilitative che, in ambito istituzionale, i bambini disabili e le loro famiglie vivono in modo discontinuo ed a volte incongruente; dall’altro proporre ad un gruppo di operatori (scelto in base alle valutazioni delle attitudini espresse) un breve corso di formazione teorico-pratica di 48 ore, al fine di riflettere, discutere, scambiarsi conoscenze ed esperienze sulla questione “educare nelle diversità alle diversità”. Necessariamente, organizzare un’esperienza del genere, ha comportato tempi di direttività e decisionalità soprattutto in relazione alla differenza di esperienze teorico-pratiche esistenti nel gruppo docente/discente. Ciò ha aperto occasioni per apprendere nuove competenze, per investire e rinnovare le proprie energie, vedendo certamente accresciuta la motivazione nel lavoro e la capacità di assumere responsabilità più grandi.

La positività sperimentata da tutti i partecipanti a quest’ esperienza, la fa inserire nell’ambito di quelle realizzate perché sentite valide e propone un modello alternativo per la costruzione di Servizi psicosociali innovativi.

Infatti, prevalentemente questo tipo di Servizi aspetta la domanda, l’esplicitazione di una richiesta di crescita. In questo caso, io ho osato proponendo un’iniziativa e gli altri hanno osato partecipando all’avvio di una ricerca, documentata ed approfondita, per offrire al disabile nuove opportunità e spazi specializzati per l’ apprendimento; per offrire a noi stessi, l’opportunità di rivisitare il proprio ruolo/funzione nel lavoro.

Il risultato dell’impegno per l’operatore sociale  è il cambiamento/miglioramento prodotto. Ma, poichè per una fantastica legge, il cambiamento non può verificarsi senza un proprio cambiamento, siamo perciò incoraggiati ad apprendere dalle differenze dell’esperienza ed a comprenderle.

in DiapasoNews n. 1, giugno 2000

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